La quotazione dell’oro, spinta con decisione dalle tensioni geopolitiche, ha raggiunto i massimi dall’aprile 2013, portandosi a 1.568,93 dollari l’oncia. Secondo vari analisti, gli elementi della politica internazionale, combinati a un dollaro più debole e a tassi d’interesse reali negativi continueranno a supportare il valore del bene rifugio per eccellenza.

Se le tensioni geopolitiche tendono ad allontanare il risparmio dagli asset rischiosi, allo stesso modo i tassi d’interesse reali negativi riducono l’attrattiva dei titoli a tasso fisso e incrementano quella dell’oro come “porto sicuro”.

Anche se l’oro non paga nessuna cedola può beneficiare di fasi di tensione sui mercati che fanno crescere la domanda di beni rifugio, così come approfitta di eventuali deprezzamenti del dollaro (il metallo giallo, infatti, è denominato in questa moneta).

oro

Gli elementi alla base di ulteriori rialzi

Secondo i commodity strategist di Ubs, Joni Teves e James Malcolm, il prezzo dell’oro si aggirerà intorno a 1.600 dollari l’oncia nel 2020. I due analisti hanno aggiunto, in una nota ai clienti di martedì, che “le vendite dei produttori potrebbero aiutare a frenare il rally a breve termine, ma non ci aspettiamo che ciò possa bloccare la tendenza rialzista più ampia, soprattutto se i macro fattori continuano a muoversi a favore dell’oro”.

“Un’ulteriore escalation” nelle tensioni geopolitiche “probabilmente comporterebbe un aumento della domanda per l’oro, ma le ripercussioni sui prezzi persistenti e significative tendono ad aumentare man mano che l’incertezza si prolunga”, hanno aggiunto gli strategist di Ubs, affermato che “un impatto più duraturo si verificherebbe se l’incertezza sfociasse in una maggiore inflazione”.

Secondo gli strategist di Macquarie, invece, le tensioni geopolitiche non basterebbero da sole a giustificare un rally prolungato per l’oro: “I precedenti eventi di rischio geopolitico sono stati insufficienti per sostenere un rialzo della quotazione dell’oro”, hanno scritto in una nota pubblicata martedì, “affinché i prezzi aumentino sarebbe necessaria una combinazione di debolezza generale del dollaro Usa, tassi di interesse più bassi e un picco delle aspettative di inflazione – dovuta a prezzi del petrolio più alti e/o a preoccupazioni di una ricaduta negativa sulla crescita globale”.

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